ROMA - Una sede prestigiosa, il salone dei 100 giorni, splendidamente affrescato dal Vasari, nel Palazzo della Cancelleria Apostolica ospiterà il convegno organizzato dall'Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie in collaborazione con l'Associazione Nazionale dei Cavalieri Costantiniani e con l'Associazione Tota Pulchra, sul Venerabile Card. Sisto Riario Sforza.
21 APRILE 2017, ore 17,00 - PALAZZO DELLA CANCELLERIA APOSTOLICA: NEL SALONE DEI 100 GIORNI IL CONVEGNO SUL VENERABILE CARDINALE SISTO RIARIO SFORZA
Al Cardinale Raffaele Riario, nipote di Papa Sisto IV, si deve la costruzione del Palazzo sede del convegno di cui hanno riconosciuto l'importanza, concedendo il patrocinio, la Regione Campania, la Real Casa di Borbone delle Due Sicilie, l'A.N.C.C.I, il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, l'Archidiocesi di Napoli e la Diocesi di Aversa. Il Cardinale, proclamato Venerabile nel 2012 e che potrebbe presto divenire Beato, fu l'ultimo Arcivescovo di Napoli del Regno delle Due Sicilie e quest'anno ricorrono i 140 anni dalla Sua nascita al Cielo. Molti Cavalieri Costantiniani al tavolo dei relatori: il nob. dr. Eugenio Donadoni, commendatore di Grazia, direttore di "Cronache Costantiniane" e Delegato Vicario per Napoli e Campania; il barone dr. Raimondo Zampaglione, commendatore di Giustizia e discendente del Cardinale, Governatore del Pio Monte della Misericordia; Don Luigi Castiello, commendatore Grazia ecclesiastico, Officiale della Curia di Napoli; dr. Francesco Mario Agnoli, storico e magistrato, presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione. I lavori saranno coordinati e diretti da Mons. Jean Marie Gervais, presidente dell'associazione Tota Pulchra, membro della Penitenzieria Apostolica e cavaliere di Grazia ecclesiastico. Dopo il convegno si terrà un vin d'honneur nella vicina "Sala Riaria".
Discendente di antichissima ed illustre nobiltà, nacque a Napoli il 5 dicembre 1810. Il padre, duca Giovanni, vantava una discendenza dai Riario, di origine gota o normanna, e da quella degli Sforza di Milano; la madre, Maria Gaetana, era dei principi Cattaneo di Sannicandro, di origine genovese così che Sisto venne battezzato lo stesso giorno in cui nacque, nella Parrocchia di S. Giorgio dei Genovesi. Venne ordinato sacerdote il 15 settembre 1833 a Napoli. Incaricato di delicate missioni apostoliche da parte di papa Gregorio XVI, fu consacrato vescovo a 34 anni, il 25 maggio 1845. Dopo sei mesi come vescovo titolare di Aversa, venne destinato a Napoli, sua città natale, come arcivescovo Accolse nel Regno di Napoli il pontefice Pio IX che la rivoluzione romana costrinse a riparare a Gaeta, e per 18 mesi divenne il suo angelo consolatore, nelle dimore reali di Portici e Napoli.
Il Cardinale seguiva personalmente il cammino sacerdotale dei seminaristi e chi non aveva la vocazione veniva inevitabilmente espulso, perché secondo il giusto ideale, predicato dal Riario, il sacerdote doveva essere esempio vivente della presenza di Cristo in terra. Offrì ai poveri e alle parrocchie della sua diocesi beni e denari, non disdegnando di soccorrere personalmente, nell'anonimato e protetto dall'oscurità della notte, intere famiglie immiserite e giovani caduti, chi per bisogno e chi per malcostume, nel precipizio dell'immoralità. Egli fu l'istitutore per eccellenza di Opere Pie e Stabilimenti di beneficienza, in soccorso soprattutto dei malati e dei terminali "a domicilio", precorrendo i tempi . Nel 1854, quando tutta l'Europa fu invasa dal temibile morbo del colera, il popolo napoletano ebbe modo di sperimentare l'eroicità della Carità, della Fede e della Pietà di Sisto Riario Sforza.
Il re Ferdinando II volle personalmente conferire a Sisto l'Insigne Reale Ordine di San Gennaro e, sempre per la sua abnegazione e per l'eroismo dimostrato durante la pandemia, fu nominato balì di gran croce del Sovrano Militare Ordine di Malta. Per soccorrere i bisognosi e i malati, vendette i suoi beni facendosi povero per i poveri, fino a indossare abiti rattoppati, fino a mancare per sé di indumenti personali e da letto nell'ultima infermità (eroicità della povertà). Dopo aver venduto i beni mobili (oro, argenteria, mobilia, preziosi, ecc.), si privò anche degli immobili: latifondi situati in Puglia (S. Severo), Calabria (Monteleone, oggi Vibo Valentia), Sicilia (Terranova), distribuendo il ricavato ai poveri, ma anche ai ricchi caduti in disgrazia, e niente trattenendo per sé. E quando non ci fu più nulla da vendere, il nobile cardinale Sisto Riario Sforza, cominciò a mendicare per poter ricavare il necessario per i suoi poveri.
Arrivò finanche a chiedere un prestito di dodicimila ducati al banchiere Adolfo Rotschild. Quando ritornò a restituire l'ingente somma, il banchiere gli disse: "Vostra Eminenza può ritenere questo danaro: so bene a quale scopo esso è servito". Non volle riconoscere il nuovo regime scaturito con l’ingresso di Garibaldi a Napoli il 7 settembre 1860 e l’annessione del Regno delle Due Sicilie al Piemonte: venne perciò costretto all’esilio, a partire del 22 settembre. Poté tornare a Napoli il 30 novembre, ma fu di nuovo allontanato con la forza il 31 luglio 1861. Fu attaccato da tutte le parti, non solo dai nemici della Chiesa: dovette affrontare i tentativi di scisma e di apostasia di due vescovi e alcuni prelati,ed ebbe a che fare con Enrichetta Caracciolo dei principi Forino, l’autrice delle memorie autobiografiche "I misteri del chiostro napoletano". Si meritò il titolo di ‘Borromeo redivivo’, ricevendo dall’episcopato napoletano il 2 febbraio 1862, in dono una stola appartenuta al santo vescovo milanese. Durante l’eruzione vesuviana del 1861 mise a disposizione degli sfollati il palazzo arcivescovile di Torre del Greco.
Partecipò al Concilio Ecumenico Vaticano I, come degno capo dell’episcopato meridionale; si pronunziò per la non opportunità della proclamazione del dogma dell’infallibilità papale. Incrementò la vita della vasta arcidiocesi, elevando il numero delle parrocchie, introducendo nuovi Istituti e Ordini Religiosi, favorendo le più svariate opere di assistenza sia materiale che spirituale e morale. Alla vigilia del secondo Concilio Provinciale del suo episcopato, fu colto da malore che nel giro di un mese lo portò alla sua rassegnata morte, il 29 settembre 1877. I suoi funerali furono una memorabile apoteosi di fedeli, clero e autorità. Il suo corpo, inumato inizialmente nella chiesa del cimitero di Santa Maria del Pianto a Napoli, fu traslato nel 1927 nella cappella del SS. Crocifisso della chiesa dei Santi Apostoli (terza cappella della navata destra). Con lui la Chiesa di Napoli conobbe il periodo più glorioso della sua storia. Il rammarico per la sua morte fu unanime: Pio IX ne pianse la perdita come del “suo braccio destro”, mentre Leone XIII affermò che se Sisto Riario Sforza fosse vissuto, lui certamente non sarebbe stato eletto papa.
Per informazioni ed inviti: 348 8937213
Giancarlo Rinaldi
Fonte: Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie