PUCCIANIELLO(CE) - Il risorgimento è stato un movimento stentato, limitato, rachitico. Le masse popolari, a chiunque analizzi con obiettività appare lapalissiano, non vi parteciparono: il cd. risorgimento fu fatto "senza il popolo" e anzi "contro il popolo". I suoi eroi sono figure mediocri. di uomini politici di provincia, di intriganti, di intellettuali in ritardo sul loro tempo. Ma lentamente la coltre di menzogne si va squarciando. "La dissoluzione del mito del risorgimento nazionale è uno dei risultati cui era già arrivata la critica storica più spregiudicata" scrive Palmiro Togliatti già nel 1931.
E da allora altri passi sono stati fatti Uno degli episodi più esaltati del Risorgimento è l’impresa dei fratelli Bandiera. Affrontando le vicende dei famosi fratelli con la consueta serietà, Fulvio Izzo riapre un caso in passato chiuso troppo in fretta e che, invece, vale la pena di riesaminare con oggettività. Analizzando le suppliche che i fratelli veneziani inviarono a Ferdinando II di Borbone e al ministro della polizia Del Carretto, viene fuori uno scenario complesso e ambiguo, da spy-story.
Mazzini che ebbe modo di conoscere tutti i particolari del comportamento dei fratelli durante il processo e prima dell’esecuzione, compresa la proposta di rivelare tutto ciò che sapevano in cambio della vita. Commentò con rabbia, in una lettera “a Nicola” [Fabrizi]: « [...] Gli italiani sono troie.»
Sabato 25 giugno alle ore 18, a Puccianiello, presso l'Arciconfraternita SS, Corpo di Cristo e Rosario in via Concezione, ne parleremo con Vincenzo D'amico, editore e con Fernando Riccardi, giornalista e autore di molti libri storici sul risorgimento e sul brigantaggio post-unitario.
Attilio (24 maggio 1810) ed Emilio (20 giugno 1819), entrambi nati a Venezia, figli dell'ammiraglio della Kaiserliche und Königliche Kriegsmarine Franz Freiherr von Bandiera e di Anna Marsich, erano a loro volta ufficiali della K.u.K. (Imperiale e Reale Marina da Guerra), aderirono alle idee di Giuseppe Mazzini e fondarono una loro società segreta, l'Esperia (nome con il quale i greci indicavano l'italia antica) e con essa tentarono di effettuare una sollevazione popolare nel Regno delle Due Sicilie.
Il processo che seguì la cattura dei sovversivi chiamò gli imputati a rispondere dei reati di: -Cospirazione ed attentato all'ordine pubblico, il cui oggetto era quello di cambiare il Governo del Re Ferdinando II. -Sbarco furtivo commesso a mano armata nel Regno con bandiera tricolore. -Infrazione alle leggi sanitarie del Regno. -Resistenza alla forza pubblica dei Comuni di Belvedere e Spinelli, la sera del 18 Giugno, in cui rimasero estinti il Capo e un individuo di G. Urbana, cioè D. Antonio Arcuri e Nicola Rizzuti, nonchè di ferite gravi in persona del Generale Bernardino Chiacchierella che gli produssero la morte, elasso il periodo di giorni nove.Parimenti di attacco e resistenza alla forza pubblica di S. Giovanni in Fiore, il giorno 19 Giugnoin cui rimasero parimenti estinti , due di essi cospiratori , cioè Giuseppe Miller e Francesco Tesei. -Finalmente per aver condotto seco loro carte e libri contenenti organizzazioni repubblicane , proclami , statuti e massime rivoluzionarie.
Il vulcano di patriottismo rivoluzionario, popolare, repubblicano , modulato su ispirazione democratico-Mazziniana e che costituiva l'"importante e necessario presupposto nel processo di liberazione dei popoli, si affievolisce, sino a scomparire del tutto , appena qualche giorno dopo lo sbarco, quando, chiusi nelle carceri Calabresi e sottoposti a processo , i "patrioti" rimeditano con più "consapevolezza" la figura di Ferdinando II che da "villano spregevole", da re che opprime e perseguita, che a "riempito il nostro paese di vergogna e di obbrobrio" , viene promosso "Sacra Real Maestà", "Sire Augusto", destinatario dei" migliori sentimenti di zelo e di ammirazione", la "vivificata immagine d'iddio in terra" (riscoprendo e restaurando la teologia politica del diritto divino dei Re), regnante sulle "province che hanno la felicità di essere rette dall'invitto vostro scettro", dotato da "così alti spiriti guerieri e di acuto intendimento" , destinato a "imprese gloriose , magnanime e benefiche", futuro "Luigi XIV del Regno d'Italia", padre che mantiene nel suo Regno "pace, contentezza e amore". Ma ce n'è ancora: sono venuti nel Meridione per offrirsi "sentinelle perdute di quel Sovrano al quale avevamo dedicato ammirazione, fedeltà ed obbedienza illimitata"; per "vivere e morire sotto i gloriosi suoi stendardi(...) pur non avendo il vantaggio di appartenere al Vostro Regno"; Murat fallì il tentativo perchè non possedeva "nè la legittimità, nè l'integrità del Trono" che al Borbone discende dagli Avi (ancora un richiamo alla teologia regale che vede la legittimità non derivata dal popolo); si professano "servi devoti e sicuri" diversificandosi" da quei non pochi che diedersi in braccio di repubblicane utopie come se fosse mai possibile (unire l'Italia) senza un freno di ferro che potesse e sapesse contenere gli inconsiderati (leggasi sconsiderati) concepimenti di una nazione non ancora matura per le forme costituzionali" (ma Attilio aveva un progetto di costituzione nello zaino); la loro "convinzione non era la scomposta e viziosa Italia costituita in Repubblica".
Infine, "ansiosi di poter divenire di Vostra Sacra Maestà Reale, sudditi fedelissimi" (e non cittadini) "prostrati nella polvere", desiderosi di chiamarlo padre, supplicano perdono sperando di divenire un giorno, istrumento non ultimo della gloria cui il Regno aspira. Insomma, i componenti la spedizione (va ricordato che Attilio Bandiera scrive "in nome degl'infelici mie compagni di sventura, ansiosi di poter divenire sudditi fedelissimi") dissimulano totalmente sia quello che sono sia quello che scrivono, preannunciando la formazione di quel tipico carattere "italiano" che modellerà i futuri costumi politici con il vezzo delle "zone grigie", dove tutto si mescola e si fa fatica a capire. Emilio Bandiera nella lettera "Memoria diretta da Emilio Bandiera ai componenti il Tribunale Militare" arriva ad affermare addirittura che "Ferdinando II non solo favoriva, ma era il misterioso autore della sollevazione Calabrese".
Secondo il Bandiera, Ferdinando II, per non compromettersi con i Gabinetti europei, anzi per sviarne i sospetti, avrebbe segretamente assecondato gli insorti per poi, di fronte al rivolgimento popolare compiuto, essere costretto a concedere le guarentigie costituzionali e da qui a prendere la direzione dell' "impresa nazionale" , il passo sarebbe stato breve. Le farneticanti affermazioni del Bandiera cozzano contro il muro della realtà oggettiva. La politica estera di Ferdinando II di Borbone-Due Sicilie non ha mai contemplato progetti di leadership unitaria; il Re non volle mai ingerirsi nella così detta "questione Italiana", per non ledere i diritti degli altri Principi d'Italia e sopratutto del Pontefice.
Giancarlo Rinaldi
Fonte: Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie