Qualche settimana fa è uscito un articolo sul Corriere a firma di Alberto Maria Banti in cui si racconta il viaggio da Quarto a Marsala dei mille di Garibaldi finalmente in chiave un pò meno agiografica, ma non abbastanza da avvicinarsi alla verità storica.
In particolare viene ancora riportata la versione ufficiale della sottrazione dei piroscafi "Piemonte" e "Lombardo", mentre parecchie ricostruzioni storiche parlano di un vero e proprio accordo, quello tra Peppino ed il ministro dell'interno Farini con tanto di firma del Re Vittorio Emanuele a garantirne il pagamento.
Vi sono infatti diversi scritture dell'epoca che parlano dell'affare Rubattino come "accordo" e non come "furto", strano che il Corriere non li abbia citati come l'onestà intellettuale imporrebbe, o dovremmo forse dubitare della preparazione storica dei suoi giornalisti?
Anzi, la "sottrazione" dei due vapori sardi fruttò immensi guadagni alla compagnia di navigazione genovese, in quanto le somme utilizzate per pagare le due navi furono successivamente prelevate dal Banco delle Due Sicilie di Napoli e Palermo come si legge in questa nota:
"Anche questa farsa di simulata violenza nell' uso fatto de' vapori marittimi fruttò alla Società Commerciale Rubattino rilevanti somme. L'amore per la nuova Italia , divenuto per molti una speculazione d'immensi guadagni, ha inspirati due decreti dittatoriali pubblicati nel giornale officiale di Napoli a dì 5 ottobre 1860 firmati dal solo Garibaldi in Caserta ,col primo de' quali si assegnano 450 mila franchi alla detta Società Rubattino da pagarsi dalla Tesoreria di Napoli per rinfrancarla della semplice cattura del suo battello Cagliari servito per la generosa, quanto sfortunata impresa di Carlo Pisacane ,, : e col secondo decreto ,, si assegnano alla stessa Società Rubattino altri 750 mila franchi, da pagarsi dalle Finanze di Napoli e di Sicilia, in compenso della perdita de' due suoi battelli il Lombardo, e il Piemonte , serviti alla prima e fausta spedizione di Sicilia ; da conservarsi, e ripararsi in memoria della iniziativa del popolo italiano etc..[1].
Dai decreti garibaldini si evincono altre due fatti fondamentali:
1) I meridionali dovettero rimborsare anche il "Cagliari" un piroscafo andato perduto durante la sfortunata spedizione di Carlo Pisacane, avvenuta 3 anni prima.
2) Il Cagliari apparteneva sempre alla società Rubattino, strana coincidenza il fatto che per simili spedizioni si acquistavano o rubavano sempre navi di questa compagnia.
Ma continuiamo con la nota:
"I due bastimenti a vapore non furono rapiti per forza, ma comprati da Garibaldi ; con queste condizioni. Medici aveva trattato l'affare con il proprietario Rubattino ; e si erano accordati sul prezzo. Ma Rubattino , al quale non avevano nascosta la destinazione de' vapori, rifiutava consegnarli senza pagamento su la nuda firma di Garibaldi. In questo impaccio, opponendosi Bertani, che si toccasse la cassa de' Comitati, si volsero a Farini allora ministro dello interno, il quale fece riflettere, che nella sua qualità officiale gli era impossibile dare la firma, e per firmare col suo nome personale trovava la faccenda assai pericolosa. Si pensò allora di far intervenire il re medesimo per assicurare, o più esattamente per garentire a sua volta Farini. Essendosi così combinate le cose, l'atto di vendita fu stipulato presso il regio Notajo ( Badint, o Badigni, in via di Po, a Torino) e firmato dal generale Medici per Garibaldi, da Saint-Frond pel re, da Riccardi pel suo suocero Farini. Appena venuto in possesso de' bastimenti Garibaldi s'imbarcò con i suoi uomini : difettando di munizioni, il governatore del forte di Talamone gli consegnò polvere , cartucce , ed armi sopra un ordine scritto del Ministro della guerra"[2].
Da quest'altro resoconto, si capisce come Rubattino fosse perfettamente conscio della situazione, così come era chiaro l'appoggio incondizionato e non neutrale da parte del governo piemontese(al contrario di come afferma il Corriere) che intervenne con fatti concreti a dar man forte all'operazione garibaldina.
Ma la storia del "falso furto" viene riportata da più fonti, peraltro accessibili a tutti:
"I nostri lettori ricorderanno come Garibaldi co' suoi mille volontarii partisse da Genova sopra i due vapori il Piemonte ed il Lombardo, appartenenti alla società Rubattino. Era giustizia indennizzare la società la quale fino a quel giorno generosamente non erasi fatta sentire.- La voce corsa dopo la partenza di Garibaldi da Genova fu che la spedizione si fosse impadronita a viva forza dei due battelli, e ciò per non implicare la società Rubattino nei delitti di Stato e nei reclami delle leggi e dei diritti internazionali. Ma veramente la società Rubattino era intesa di tutto, e volontariamente aveva dati i due vapori, certa che le sarebbero stati pagati o da Garibaldi stesso o dalla nazione perchè adoperati per causa eminentemente nazionale. Ora che appressavasi il giorno in cui il governo sardo doveva prendere le redini del governo di Napoli, era conveniente che il dittatore prima di ritirarsi dal potere decretasse il pagamento dei due battelli alla predetta società. Garibaldi adempì scrupolosamente a questo suo dovere il giorno 5 ottobre con un decreto in data di Caserta, col quale ordinò fosse pagata in cartelle del debito pubblico dello Stato la somma di 750 mila franchi, 3/4 dalle finanze di Napoli e un 1/4 dalle finanze di Sicilia"[3].
Ed ancora:
"Nino Bixio, finto corsaro, s'impadroniva di due vapori della Società Rabattino, il Piemonte e il Lombardo, SENZA CHE NESSUNO GLIELO IMPEDISSE; e due ore dopo la mezzanotte, i due piroscafi giungevano dinanzi alla spiaggia di Quarto, dove stava ad attenderli Garibaldi, circondato dai suoi volontarì"[4].
Ed infine, ma non ultimo:
"Il Bixio, cercato indarno un bastimento che assumesse il viaggio periglioso, pel puro noleggio, era riuscito più fortunatamente a persuadere Raffaele Rubattino a lasciarsi rapire, con un simulacro di pirateria e, mercé la sola malleveria della firma di Garibaldi, due de' suoi piroscafi, e al più era provveduto"[5].
Fino a quando il Corriere continuerà a sfornare articoli pieni zeppi di inesattezze storiche e montature agiografiche, toccherà a noi piccole voci resistere e raccontare come si svolsero effettivamente i fatti e come sulle tasche dei duosiciliani gravò l'intero costo dell'unificazione italiana mentre a guadagnarci furono soltanto i conquistatori.
Una rendita fruttuosa che gli eredi della classe dirigente piemontese cerca di perpetuare, nascondendo e dissimulando ancora oggi.
Davide Cristaldi
Fonte: Comitato Storico Siciliano
[1] Cronaca degli avvenimenti di Sicilia da aprile 1860 a marzo 1861 - 1863 - pag.67
[2] Ivi - pag.68
[3] Storia dell'insurrezione siciliana - Milano - 1861 - pag.32
[4] Storia di Vittorio Emanuele II - Roma - 1893 - pag.185
[5] Il Valore Italiano - Roma 1883 - pag.482