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Home Rassegna stampa SOTTO I BORBONI SICILIA AL PASSO CON L'EUROPA (LA SICILIA)

SOTTO I BORBONI SICILIA AL PASSO CON L'EUROPA (LA SICILIA)

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Modelli innovativi. La prof. Raffaele: «Anche dopo la Restaurazione, un'efficace azione in campo sociale»

Non è necessaria una radicale rivisitazione. Basterebbe guardare con gli occhi dello storico al periodo borbonico per capire che anche sotto il profilo dell'assistenza quella Sicilia non era la regione arretrata cui gli stereotipi più diffusi ci hanno abituato. Anzi: «Specie il primo periodo borbonico, quello del riformismo, segue le tracce dell'assolutismo illuminato dei grandi prìncipi europei. Nel campo dell'assistenza, c'è una fortissima consonanza con la realtà europea e a tratti un'accelerazione, un anticipo», osserva Silvana Raffaele, ordinario di Storia moderna alla Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Catania.

I modelli sono piuttosto innovativi, per l'epoca: «Nel Settecento in Sicilia e a Napoli si aprono i Grandi alberghi dei poveri, opifici cui sono destinati i poveri che vengono tolti dalla strada e messi in condizione di lavorare, sul modello delle work houses di età elisabettiana», dice la professoressa, studiosa di quel periodo e autrice di saggi sulla famiglia, la società e la condizione della donna.
«Un secondo elemento è l'attenzione nei confronti della donna, mirata pur sempre al controllo sociale e a un concetto che collima con quello di onore, non soltanto siciliano ma europeo. Era infatti problema avvertito il passaggio di patrimonio, che doveva essere certo e sicuro. Per questo il padre doveva quindi non avere alcun dubbio quel figlio fosse suo. Di qui la necessità dell'assoluta fedeltà delle spose e lo stigma della prostituzione, che viene nettamente distinta. In questa logica, si aprono i conservatori della virtù, dove a tutte le donne ospitate viene insegnato un mestiere. A Catania ce ne saranno nove».

Segue la stessa impostazione la nascita delle «giunte dei figlioli proietti, primo esempio di struttura di tipo centralizzato per l'assistenza all'infanzia abbandonata». Una sorge a Palermo, svariate altre in Sicilia. Il «beneficio» non è solo la nota ruota fuori dai conventi, che serve ad affidare i bambini non voluti conservando l'anonimato. «Il Comune paga gli alimenti dei bambini fino a cinque anni per i maschi, dopodiché procura un lavoro, e indirizza le ragazze ai conservatori. La ruota di Catania, in venti anni, dal '40 al '60, ricevette quasi 10mila bambini, di cui l'83% morì», sottolinea la professoressa.
Dopo la restaurazione, i Borbone proseguirono una vasta azione di tipo sociale, stavolta sul modello francese. «La scuola primaria diventa gratuita: non obbligatoria perché non si potevano costringere le famiglie povere a privarsi delle braccia da lavoro. Nasce un sistema di scuola secondaria che prevede non solo licei e collegi per i dotti, ma anche scuole professionali attorno alle nuove professioni emergenti, diplomatici, militari etc. Era insomma una Sicilia in perfetta consonanza con l'Europa», afferma Raffaele.

Di lì a poco, nel 1877, ne "I contadini in Sicilia", così Sidney Sonnino descriverà le condizioni delle strutture di assistenza: «La classe dei cosiddetti galantuomini ha in mano tutte le amministrazioni comunali, e inoltre la gestione di tutto il denaro delle Opere pie [...]. Lo spettacolo diventa più doloroso ancora se dalle amministrazioni comunali, ci volgiamo a considerare le Opere pie e le condizioni della beneficenza pubblica in Sicilia. I monti frumentari sono diventati quasi dappertutto un mezzo nelle mani degli amministratori per esercitare l'usura per conto proprio e su più vasta scala [...].Le Opere pie sono considerate in genere dalla classe che le amministra come un campo che deve sfruttare per suo proprio vantaggio. Per gli onesti sono un mezzo di influenza e di favoritismo; per i meno onesti una sorgente di facili lucri e di illeciti guadagni».
Orazio Vecchio, 28 DICEMBRE 2010

 

Davide Cristaldi

Fonte: Comitato Storico Siciliano

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