Anni di revisionismo incontrollato in cui non ci si è mai fermati a consolidare quanto si era scoperto, unito all'immancabile binomio Borbone=arretratezza, danno il pretesto a giornalisti (napoletani) come Angelo Lomonaco del Corriere del Mezzogiorno, di scrivere articoli del tipo "Borbone, il regno delle ferrovie? Falso mito, lo dimostrano i dati Svimez".
Prima di proseguire oltre è necessario fare una doverosa premessa: a che servono le ferrovie e qual'era il loro scopo nel'800?
La rete ferroviaria nacque per mettere in comunicazione città e villaggi dell'entroterra in un epoca in cui l'unico mezzo veloce per il trasporto di cose e persone era ancora la nave, ed il mare la strada più rapida.
Ecco perchè le città più grandi e più sviluppate, da sempre sorgono in riva al mare.
Negli Stati Uniti è leggendaria la ferrovia che, collegando il selvaggio West con la East Coast, consentì un collegamento molto più veloce tra l'Atlantico ed il Pacifico, rispetto alle tradizionali carovane o alla circumnavigazione del continente americano.
E che dire della famosa Transiberiana, sulla quale il regime zarista puntò per collegare S.Pietroburgo con le coste del pacifico passando per lo sterminato territorio siberiano, che altrimenti era raggiungibile solo con lunghi e faticosi viaggi a cavallo o avventurosi viaggi di mare.
Anche in Italia lo sviluppo ferroviario ottocentesco ebbe il suo maggiore successo soprattutto nelle regioni continentali della penisola, in particolar modo in Pianura Padana, dove la capitale del Piemonte, Milano e tutte le più importanti città del Lombardo-Veneto, non avendo sbocchi sul mare, trovarono nella rotaia il modo per aumentare la capacità e la velocità del trasporto delle merci e delle persone.
La ferrovia non ebbe la stessa fortuna nelle parte peninsulare d'Italia, ovvero il Regno delle Due Sicilie, bagnato da migliaia di km di coste.
La vocazione marittima di quello stato infatti determinò lo sviluppo di una delle principali potenze navali del Mediterraneo, cosa che il Piemonte o il Lombardo Veneto con il porto di Venezia, Trieste e Genova non riuscirono mai ad ottenere.
Il merito del Regno delle Due Sicilie non sta tanto nell'aver costruito la prima ferrovia in Italia (e terza in Europa), il più grande stabilimento ferroviario d'Italia (Pietrarsa) e di aver venduto più di una locomotiva al Piemonte; quanto nell'aver fatto tutto ciò in uno stato che aveva puntato tutto sul mare.
Un paragone che possiamo fare oggi, ma a parti inverse: al Sud compriamo bottiglie di salsa Mutti e Star prodotte nelle fabbriche del Nord Italia, nessuno però dice che le coltivazioni di pomodoro in Padania sono pressochè inesistenti, perchè quello che conta è il successo industriale.
Anche Ferdinando II aveva capito che le ferrovie erano un buon mezzo per collegare le città interne del Regno ed una linea che avesse collegato il tirreno con l'adriatico, avrebbe evitato ai viaggiatori la circumnavigazione dello stivale.
Ma ahimè, i fatti del 1860 impedirono questa grande impresa.
Le tratte ferroviare borboniche che furono messe in esercizio e quelle già progettate non prevedevano in nessun caso la concorrenza (peraltro inutile) al trasporto navale, esse infatti coprivano solo tragitti interni, lontano dalla costa.
Davide Cristaldi
Fonte: Comitato Storico Siciliano