Irredente a chi? / Trieste, la perla dell'Adriatico contesa tra Venezia e l'Austria (e finita all'Italia!)

Giovedì 18 Settembre 2014 15:03 Roberto
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CASERTA - In questo 2014 vivremo dei rigurgito del disperato patriottismo che abbiamo già avuto modo di vivere nel corso dei festeggiamenti per i 150 anni della (finta) unità d'Italia nel 2011. Tutto questo perché, quest'anno, ricorrono i 100 anni dallo scoppio della prima guerra mondiale. Una guerra stupida in cui centinaia di migliaia di giovani meridionali furono utilizzati come carne da macello per i biechi interessi politici ed economici di una dinastia, quella sabauda, che nel corso della sua storia ha fatto del tradimento, dell'inganno e della guerra, gli strumenti del proprio agire. Ricorderemo le storie delle terre irredente che irredente non si sentivano affatto perchè mai avevano fatto parte di uno stato italiano. Vedremo come queste, Trieste, Trento, il Sud Tirolo, lo stesso Veneto, la Venezia Giulia e l'Istria, si siano comportate nel corso della propria storia e come sono state trattate dallo stato unitario che tanto sangue ha sparso sulle Alpi per "ricondurle" a casa.

Divenne una vera e propria città solo in epoca romana, durante l'epoca di Augusto, e l'apice del proprio potere fu raggiunto sotto l'impero di Traiano quando Tergeste contava più di 12mila abitanti. Un numero impressionante che sarebbe stato toccato nuovamente solo nel XVII secolo. E' senza alcun dubbio il periodo  medievale quello in cui la città si caratterizza, in modo determinante, scegliendo liberamente, sulla base di considerazioni storiche ben definite e precise, di "darsi" all'Austria, stando almeno alla tradizione storiografica comunale a cui nessuno, fino alla fine dell'ottocento, si era opposto. Dopo aver fatto parte dei regni di Odoacre e Teodorico, Tregeste fu occupata dai bizantini che ne fecero una colonia militare e commerciale utilizzata anche per controbilanciare il peso crescente delle isole veneziane i cui abitanti erano gelosissimi della propria autonomia e indipendenza. L'arrivo dei Longobardi sconvolse la comunità romano-barbarica e i nuovi dominatori distrussero quasi completamente il centro abitato che riuscì a ricostituirsi sotto il dominio dei Franchi, riconosciuto perfino da Costantinopoli. La cristianizzazione, dopo la caduta dell'Impero Romano, è il secondo momento fortemente caratterizzante della storia della città visto che Lotario II, re d'Italia (un Italia profondamente diversa da come la intendiamo oggi come si evince dalla mappa in basso), concesse una larga autonomia affidando la gestione della città al vescovo Giovanni III. Il passaggio del potere politico e amministrativo alla chiesa locale suscitò gli appetiti del vicino patriarcato di Aquileia da cui erano partiti i missionari che ne avevano convertito le popolazioni. Il Patriarca non era il solo a voler ottenere il controllo di Trieste visto che i conti di Gorizia e la nascente potenza veneziana cominciarono ad esercitare pressioni politiche, economiche e, infine, militari sul vescovato triestino. Tanto che alla metà del Duecento i vescovi rinunciarono alle prerogative politiche e amministrative che passarono, da quel momento, all'elite commerciale e aristocratica della città. Questo elemento di maturazione culminò nel 1295 quando il vescovo Brissa de Toppo formalmente rinunciò al potere temporale sulla città che si costituì ufficialmente, e riconosciuta dagli ingombranti vicini, come libero comune. L'autonomia non fu però facile da mantenere e i triestini dovettero barcamenarsi non poco tra gli ingombranti vicini sia politicamente che militarmente.

La crisi vera e propria giunse intorno alla metà del '300 quando una serie di nodi politici vennero al pettine in tutta Europa. La potenza veneta stava crescendo e dalle piccole isole della laguna i veneziani avevano saputo costruire un poderoso impero commerciale e coloniale e, dal 1200 avevano iniziato, quella che pareva una inarrestabile avanzata verso la terraferma. A frenare le ambizioni venete i Carrara di Padova che, assieme a Genova, rappresentavano le principali avversarie della Serenissima. Il potere del patriarcato di Aquileia era drasticamente ridotto dalle ingerenze degli Asburgo e da quelle dell'Ungheria che si era fatta largo lungo le coste dalmate e la Slovenia. Treviso divenne territorio di scontro per il controllo delle vie commerciali terrestri tra Germania e Italia. In Francia la guerra con l'Inghilterra dilaniava due tra le monarchie più forti e ambiziose del medioevo favorendo il rafforzamento delle entità feudali della Francia, prima tra tutte la Borgogna di Filippo II in cerca di alleanze per garantire il proprio potere. La peste e la cattività Avignonese, contribuì ad aumentare il disordine e la confusione. La più lontana di tutte dal panorama politico e diplomatico europeo pareva essere proprio Trieste che ormai si era ridotta ad avere poco più di 5mila abitanti. Stretta tra i prepotenti vicini, la classe dirigente comunale, sempre più dipendente dal commercio marittimo, attirò le attenzioni di Venezia.

Nel 1368 fu una disputa commerciale il casus belli con cui la Serenissima strinse d'assedio la vicina Trieste e la costrinse, il 3 settembre 1368, alla resa e alla conseguente apertura di una complicata trattativa politica e diplomatica. I veneziani volevano assoggettare Trieste e i suoi abitanti rifiutarono aprendo nuovamente le ostilità. Nella primavera del 1369 le navi veneziane riapparvero all'orizzonte  e, questa volta, il comune non esitò a chiedere un sostegno agli arciduchi Alberto e Leopoldo d'Asburgo con un atto scritto, passato alla storia come prima "dedizione" di Trieste, all'interno del quale si sosteneva che "gli illustri e magnifici Principi e nostri graziosi Signori Alberto e Leopoldo erano, fin dai loro progenitori, da sempre i nostri veri e naturali ed ereditari Signori e li riconosciamo come tali e li vogliamo avere come signori per sempre".  Il documento, stilato in latino, reca la data del 31 agosto e il 10 settembre si registrava l'accettazione dell'Arciduca Alberto che inviò, dopo due mesi, una forza militare a sostegno dei triestini ma, dopo neanche una settimana, Venezia riuscì ad ottenere non solo la resa del comune ma anche un atto di dedizione simile a quello che i triestini avevano voluto inviare agli Asburgo. Il 12 novembre 1370 la seconda dedizione venne riconosciuta dagli Arciduchi d'Austria che incamerarono da Venezia ben 75mila zecchini in cambio della rinuncia a Trieste. I nuovi rapporti tra Venezia e gli Asburgo furono stimolati anche dalla richiesta veneziana di intervento contro i Carrara di Padova che avevano messo sotto la propria tutela Treviso, una richiesta che, alla fine si ritorcerà contro la serenissima. All'inizio degli anni '80 i  territori asburgico sono divisi a metà tra il conte Leopoldo (che ottiene la Stiria, Carinzia, Carniola, Windischmark e il Tirolo) e Alberto (che esercitava il controllo sull'area asburgica al confine con la Svevia e la Baviera) e Venezia fece ricorso proprio al primo Arciduca. I dogi avevano impegnato la Serenissima in una guerra contro Genova che si sarebbe conclusa con la vittoria veneziana ma, non potendo occuparsi direttamente dei Carrara, chiesero sostegno a Leopoldo che, l'otto maggio 1381, fece il suo trionfale ingresso a Treviso. Al fatidico 1382, che avrebbe consegnato Trieste agli Asburgo, si giunse così in una situazione di caos politico. I Carrara erano immobilizzati a Padova bloccati dalla presenza delle milizie asburgiche a Torino. Venezia aveva ottenuto ciò che voleva ma con la pace di Torino, si era impegnata a non minacciare i liberi comuni a sud del Patriarcato. Non per questo Venezia si arrese, anzi. Giudicò maturi i tempi di prendere definitivamente i liberi comuni quando il patriarca Marquando di Randeck, improvvisamente, morì aprendo un duro contrasto alla successione che avrebbe visto contrapposti Urbano VI eClemente VII, Papa e Antipapa durante la cattività avignonese, un contrasto che non avrebbe fatto altro che complicare la situazione triestina, portando a prevalere, la fazione filo asburgica che così giunse alla terza dedizione, indirizzata a Leopoldo d'Asburgo. Tra le altre cose è opportuno precisare che di questa dedizione non esiste il documento originale ma solo quello dell'accettazione, vale a dire il messaggio con cui Leopoldo accetta il dominio sulla città.

Al momento della concessione ai Duchi d'Austria, Trieste era una piccolissima città caratterizzata esclusivamente dalla Chiesa di San Giusto e dalla Rocca, abitata da poco più di 6mila anime. L'autonomia di Trieste era larga e la città non si giovò particolarmente del "dominio" nominale degli Asburgo fino a quando l'Austria non emerse come potenza di caratura europea. Questo avvenne a partire dalla fine del '600 quando, dopo una serie di vittoriose guerre condotte contro il Sultano di Costantinopoli, l'aquila austriaca (che con apposito diploma del 24 febbraio 1464 era stata inserita nell'arma municipale triestina) riuscì ad affermare la propria potenza nei balcani conquistando l'Ungheria ed espandendosi in Dalmazia. Anzi, proprio a causa dei lunghi contrasti col Sultano, Trieste era andata progressivamente perdendo di importanza e la popolazione fuggì. Particolarmente terrorizzante fu l'invasione del 1470 quando i turchi devastarono il piccolo paese di Prosecco a soli 8 Km dalla città. Nei duecento anni successivi le cose non migliorarono e nel 1700 si contavano solo 3mila abitanti la maggior parte dei quali dediti alla viticoltura. A cambiare radicalmente l'assetto triestino fu, nel 1719, la decisione di trasformarla in porto franco, con conseguente impennata del traffico commerciale. Carlo VI d'Asburgo e i suoi successori estesero tali privilegi prima al distretto camerale (1747) e poi a tutta l'area cittadina (1769). A quegli anni, pregni delle teorie e delle riforme illuministiche promosse dall'Imperatrice Maria Teresa e a suo figlio Giuseppe, risale la rinnovata grandezza di Trieste che si configurò nell'espansione urbanistica con i tratti che la caratterizzano ancora oggi e che sviluppò una nuova borghesia mercantile che seppe dirigere gli affari cittadini orientandone gli sviluppi culturali ed economici. Malgrado questa rinascita fosse dovuta all'impegno di Casa d'Austria Trieste e i suoi abitanti, gelosi della propria autonomia e indipendenza, non si lasciarono mai germanizzare. Fra il 1758 e il 1769 venne eretto un nuovo forte e si realizzarono diverse opere di difesa. Sorse la borsa cittadina (1755), il Palazzo della Luogotenenza e il primo cantiere navale, lo squero di San Nicolò. La rivoluzione francese e l'avventura Napoleonica rallentò il processo di crescita della città. Occupata per ben tre volte dalle truppe francesi (1797, 1805 e 1809), durante l'impero perse la propria autonomia e lo status di porto franco. Nel 1813 ritornò all'Austria e ricominciò a crescere con la realizzazione della ferrovia che la collegava a Vienna. "A Trieste c'è fiera tutto l'anno" era il nuovo motto della città che nel 1849, nell'ottica della ristrutturazione del sistema costituzionale imperiale voluto dal giovane imperatore Francesco Giuseppe, divenne land autonomo all'interno del Kronland del Kustenland, regione imperiale che comprendeva anche Gorizia e l'Istria, assumendone anzi il controllo come capoluogo della regione adriatica imperiale (l'Adriatisches Kustenland). Con un provvedimento senza precedenti, il 21 dicembre 1867 l'imperatore Francesco Giuseppe stabiliva che "tutte le nazioni dello Stato hanno eguali diritti, e ogni singola nazione ha l'inviolabile diritto di conservare e coltivare la propria nazionalità e il proprio idioma". Tanto è vero che Trieste continuò a considerarsi triestina e non italiana in senso lato come dimostrato dal fatto che l'italiano parlato fosse, a dir poco, approssimativo. Non sarebbe stato inusuale rintracciare cartelli con su scritto "Quà suso in tel terzo piano de fitar camere, cucina e costo" o ancora "la incisa bottega straslogada in tel canton in dove che iera el petesser" segno evidente che il dialetto triestino (molto simile al Veneto) aveva sostituito il tergestino, tipicamente retroromanzo di origine latina. Tanto gelosa della propria autonomia e caratteristica storica che, nel 1882, in occasione dei 500 anni dalla dedizione a Leopoldo, venne realizzato davanti alla stazione ferroviaria un obelisco con emblemi caratteristici dell'epoca romana, in ricordo dell'antica Tregeste. Anche la vita culturale rifiorì. Tra i venti caffè, le otto librerie, le nove scuole popolari cittadine, i tre teatri d'opera, il teatro di varietà, il cabaret e un cinema, sempre più numerosi erano gli uomini di cultura e d'arte che scelsero di trasferirsi in città per brevi o lunghi periodi. Divenne così la città multietnica e multilingue dell'Impero Asburgico. Il 51,8% dei suoi abitanti era italofona, il 24,8% slovena, il 5,2% tedesca e tra le restanti comunità minori, oltre a una consistenza presenza di immigrati dalla penisola italiana (circa il 12%) si contavano serbi, croati, armeni, ruteni, slovacchi, cechi, valacchi, ebrei, greci, ungheresi, inglesi e svizzeri. I 3mila abitanti scarsi del 1700 erano solo un ricordo quando, nel 1897 Trieste poteva vantarsi di essere il quarto centro urbano dell'Impero Austro-Ungarico con i suoi 165mila abitanti (Vienna primeggiava con 1 milione e mezzo di cittadini seguita da Budapest, 570mila, e Praga 365mila).


Durante la seconda metà dell'ottocento cominciarono i problemi. La conquista piemontese dell'Italia non poteva lasciare Trieste isolata. Un copioso dibattito storiografico si è svolto attorno alla questione irredentista che ha coinvolto la città dal 1861 al 1918, anno della definitiva annessione all'Italia. Le tensioni politiche e sociali crebbero quando la politica austriaca marcò la propensione anti italiana a partire dal provvedimento del febbraio 1861, quando ormai l'unità italiana era un dato di fatto acquisito dalle potenze europee, con il quale si ridusse l'autonomia delle Diete locali per procedere ad una centralizzazione dell'apparato decisionale e burocratico dell'Impero. Con la guerra del 1866 le cose, se possibile peggiorarono, con un generale senso di diffidenza e aperta ostilità da parte, non solo degli austriaci, ma anche delle altre minoranze che, a partire dal 1866, cominciarono a sfruttare questa diffidenza per acquisire sempre maggiore forza all'interno dello stato imperiale. Il 12 novembre 1866 lo stesso imperatore Francesco Giuseppe, durante la consueta riunione del consiglio della Corona, raccomandò i suoi ministri di germanizzare e slavizzare il più possibile le aree miste dell'Impero. Una proposta che divenne operativa con sempre maggiore puntualità, in particolare durante il cancellierato del conteEduard Taaffe che governò dal 1879 al 1893 appoggiando e sostenendo le attese della popolazione slava che, specie nel contado triestino, costituivano un elemento portante della società della regione Adriatica. Politica che fu favorita dal diffondersi dell'austro-slavismo, vale a dire la tendenza (da parte delle popolazioni slave) di risolvere i propri obiettivi nazionali nell'ottica della monarchia universale asburgica e con la propria collaborazione. La perdita del Veneto aveva rafforzato ulteriormente l'importanza di Trieste e, di conseguenza, gli sforzi austriaci di sostenere la frazione slava e germanofila aumentò notevolmente anche se i Luogotenenti Imperiali vennero scelti sempre tra le maggiori personalità triestine di tendenza filoasburgica. L'incremento della produzione navale e la sempre maggiore importanza delle assicurazioni, complicarono la questione triestina che ormai era una vera e propria perla incastonata nella corona imperiale. Le tensioni si ridussero, anche se solo in superficie, quando Austria e Italia sottoscrissero con la Germania una Alleanza politica e militare che avrebbe poi contribuito a portare i due paesi in guerra. La nomina a Governatore Imperiale del Principe Konrad di Hoenlohe, nel 1904, fu un vero e proprio autogol per Vienna. Il Principe era un sostenitore del trialismo, ovvero favorevole alla formazione di una terza corona accanto a quella d'Austria e d'Ungheria. Il nuovo regno asburgico si sarebbe dovuto chiamare Slavia e avrebbe incluso anche Trieste e la regione adriatica, un disegno che non dispiaceva all'erede al trono designato Francesco Ferdinando d'Asburgo Este che non poteva soffrire l'Italia e i Savoia, essendo egli figlio della Principessa Maria Annunziata di Borbone Due Sicilie sorella dell'ultimo Re Francesco II. Le direttive viennesi finirono per consentire, al movimento nazionale, di acquisire sempre più consenso presso i triestini e molti tentarono attentati contro le autorità viennesi e, addirittura, contro l'Imperatore come nel caso di Guglielmo Oberdan che fu processato e impiccato nel 1882. La Lega Nazionale, associazione privata filo italiana, arrivò a contare, poco prima dello scoppio della guerra mondiale, oltre 12mila iscritti nella città di Trieste segno che i tempi erano profondamente cambiati.

Quando esplose il conflitto l'Italia scelse l'ambigua formula del non intervento, ambigua come tutte le mosse di politica estera fin dai tempi del Piemonte e diD'Azeglio.  Più di mille triestini rifiutarono di combattere nell'esercito imperiale e l'anno successivo, quando l'Italia compì il grande tradimento e fece guerra all'Austria e alla Germania, si arruolarono sotto lo scudocrociato dei Savoia. Il 4 novembre 1918, con una marcia rapida per consentire l'ingresso in città prima dell'armistizio, le truppe italiane occupavano Trieste. Era la fine della Trieste, perla dell'Adriatico. Cominciava la storia di Trieste italiana.


Roberto della Rocca

Fonte: Istituto di Ricerca storica delle Due Sicilie

Irredente a chi? / Trieste, la perla dell'Adriatico contesa tra Venezia e l'Austria (e finita all'Italia!)
Ultimo aggiornamento Giovedì 18 Settembre 2014 15:10