Analisi e documenti sulla questione dinastica in Casa Borbone Due Sicilie

Lunedì 22 Ottobre 2012 07:57 Andrea Casiere
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NAPOLI - Negli ultimi decenni all’interno della Real Casa di Borbone Due Sicilie è esplosa una querelle dinastica di cui negli ultimi giorni si fa un gran parlare. Questa eterna discussione ci induce ad una riflessione approfondita circa i rapporti dinastici e statuali tra la casa regnante Borbonica di Spagna e quella delle Due Sicilie. Ci sprona soprattutto, come sempre, alla ricerca storica e d’archivio al fine di essere quanto più precisi e realistici senza lasciarsi trascinare dai risentimenti e dalla partigianeria. Va posta una premessa: la contesa in corso riguarda due Principi di Casa Borbone, discendenti entrambi del Conte di Caserta (e dunque di tutta la lunga e nobile stirpe dei Borbone di Napoli e di Francia fino a Ugo Capeto e San Luigi IX), meritevoli entrambi di rispetto, cosa che non va mai dimenticata. Si tratta di Don Carlos Maria Infante di Spagna e di Carlo di Borbone duca di Castro. I due discendono, rispettivamente, da Carlo Tancredi e Ranieri (secondo e terzogenito di Alfonso, Conte di Caserta, per i legittimisti Napoletani Alfonso I delle Due Sicilie). I due reclamano non solo la titolarità del Gran Magistero degli Ordini Dinastici di Casa Borbone Due Sicilie, ma anche quella di Capo della Real Casa Napoletana.

Dirimere la questione non è cosa semplice e non è certo la nostra ambizione. Addivenire ad una risoluzione giuridicamente fondata e canonicamente accettabile, è impresa spinosa al punto che la Santa Sede e lo stesso Pontefice Romano non si sono mai, dal 1960 ad oggi, espressi a favore dell’uno o dell’altro pretendente riconoscendo implicitamente entrambi i ruoli. Il nostro contributo vuole solo offrire nuovi spunti di riflessione a fronte di una questione interessante e ancora irrisolta. Il ragionamento deve partire da una questione metodologica: nel tentare di condurre a risoluzione la conflittualità sorta in Casa Borbone devono essere considerate esclusivamente le norme che disciplinano la successione a Capo della Casa Reale e, nominalmente, a capo di Stato del Regno delle Due Sicilie. A

nche nelle altre Famiglie Reali decadute o spodestate (a causa di rivoluzioni, rivolgimenti bellici o scelte politiche democratiche o presunte tali) le norme che regolano la vita interna dei membri delle Stirpi Reali sono unicamente quelle vigevano al momento della decadenza o dichiarata debellatio. Ad esempio il Re Umberto II di Savoia, esiliato a Cascais in Portogallo a partire dal 1946, regolò la vita della sua Famiglia secondo le disposizioni vigenti nel Regno d’Italia nel 1946, nella fattispecie contenute nello Statuto Albertino. Stesso discorso vale per la Famiglia Reale Rumena, per quella Bulgara e per quella Imperiale Austro – Ungarica.

Partendo da questo presupposto dobbiamo rintracciare le fonti primarie a cui riferirci in fatto di leggi successorie nel Regno delle Due Sicilie, considerate in vigore all’epoca della sottoscrizione del contestato Atto di Cannes (14 dicembre 1900). Con il documento passato alla storia con il nome di Atto di Cannes si intende la rinuncia al titolo di Capo della Real Casa Borbone Due Sicilie (comprensivo della rinuncia alle pretese al cessato trono e alla titolarità dei Gran Magisteri degli Ordini Cavallereschi di Casa Borbone) sottoscritto da S.A.R. il Principe Carlo Tancredi di Borbone, figlio del Conte di Caserta. Carlo Tancredi rinunciò ai suoi diritti perché avrebbe sposato di lì a poco, l’Infanta di Spagna Maria Mercedes (figlia del Re Alfonso XII) e, secondo le norme e le tradizioni giuridiche interne alla Casa Borbone Due Sicilie sarebbe, con quel matrimonio, entrato nella Famiglia Reale dei Borbone Spagna acquisendo il titolo di Infante (cosa che avvenne il 7 febbraio 1901). Tutti i membri di Casa Borbone Due Sicilie accettarono quanto stabilito nell’Atto di Cannes, sia il Conte di Caserta, sia S.M. la Regina Maria Sofia di Borbone, sia i Principi della Casa dal primogenito Ferdinando Pio al terzogenito Ranieri che si trovò ad essere il primo nella linea di successione (Ferdinando Pio aveva solo figlie femmine impossibilitate a recepire i titoli propri del Conte di Caserta).

La discordia sorse alla morte di Ferdinando Pio che nel 1934 aveva ereditato dal padre il titolo di Capo della Casata. Nel 1960 (anno della sua scomparsa) divenne Capo della Real Casa di Borbone Due Sicilie e Gran Maestro degli Ordini Dinastici, il Principe Ranieri. Il figlio di Carlo Tancredi, Alfonso (padre di Don Carlos Maria) contestò la successione, sostenendo la nullità dell’Atto di Cannes e di quel patto successorio, autoproclamandosi Capo della Real Casa e avocando a sé il Gran Magistero degli Ordini. A questo punto c’è da chiedersi se sussistono i criteri di validità giuridica, sempre secondo le leggi interne a Casa Borbone Due Sicilie, dell’Atto di Cannes, pomo della discordia purtroppo attualmente in corso (Carlo duca di Castro è nipote di Ranieri e tramite il padre Ferdinando ha ereditato i titoli). Sarebbe auspicabile una risoluzione pacifica e giuridicamente fondata che ponesse fine a questa dolorosa vertenza. Per rintracciare i suddetti criteri testo fondamentale deve essere la Costituzione del Regno delle Due Sicilie rientrata in vigore con l’Atto Sovrano di Portici del 25 giugno 1860 di S.M. Francesco II ed emanata l’11 febbraio 1848 con Decreto Reale da S.M. Ferdinando II. Riportiamo integralmente l’articolo 70 (Capo IV – Del Re) che affronta la questione della successione all’allora, esistente, trono.
“Art. 70 – L’atto solenne per l’ordine di successione alla corona dell’augusto Re Carlo III del 6 di ottobre 1759 confermato dall’augusto re Ferdinando I nell’articolo 5 della legge degli 8 di dicembre 1816, gli atti sovrani del 7 di aprile 1829, del 12 di marzo 1836, e tutti gli atti relativi alla real famiglia rimangono in pieno vigore”.

L’articolo considera pienamente valide le disposizioni emanate nel 1816, nel 1829 e nel 1836 da Ferdinando I, Francesco I e Ferdinando II. Nello specifico il Decreto Reale 12 marzo 1836 affronta la questione del Matrimonio dei Principi di Casa Borbone (sulla scia dell’affaire sentimentale e politico esploso attorno a Carlo, fratello di Ferdinando II). L’Atto Sovrano del 7 aprile 1829, a firma del Re Francesco I, regola anch’esso questioni matrimoniali, mentre l’articolo 5 della Legge 8 dicembre 1816, conferma tutto quanto disposto dalla Prammatica Sanzione del Re Carlo III del 6 ottobre 1759, salvo la nuova numerazione del Sovrano delle Due Sicilie (rispetto a quella di Napoli e Sicilia). Il tutto va ricondotto, dunque, alla Prammatica Sanzione del 1759. In quel documento il nuovo Re di Spagna Carlo III stabilì, nell’atto di lasciare Napoli:
“che l’ordine di Successione da me prescritto non mai possa portare l’unione della Monarchia di Spagna colla Sovranità e Domini Italiani, in guisa che o i Maschi o le Femmine di mia Discendenza di sopra chiamati, sieno ammessi alla Sovranità Italiana, sempre che non sieno Re di Spagna o Principi di Asturias dichiarati già o per dichiararsi”.

Chi contesta l’Atto di Cannes lo fa per due motivi. Il primo riguarda quello della giurisdizione. Si considera nullo l’Atto perché le leggi francesi e italiane nel 1900 escludevano questo tipo di patti successori. Il secondo riguarda la distinzione tra Capo della Real Casa e Gran Maestro del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, il più diffuso e famoso tra gli ordini di Casa Borbone nonché il più antico della cristianità. Circa la prima questione è stato già detto in apertura di questo articolo che per le norme successorie interne a Casa Borbone Due Sicilie si deve far riferimento alle norme interne e non a quelle della Repubblica Francese, dell’allora Regno d’Italia o al più attuale ordinamento giuridico del Regno di Spagna perché da queste distinta e la fattispecie stessa è ben distinta. Patti simili erano diffusi presso le altre Case Reali. Nel 1906 alla Principessa Vittoria Eugenia di Battenberg, nipote di Edoardo VII, prima di sposare il Re di Spagna Alfonso XIII, sottoscrisse per sé e per i suoi discendenti, un atto formale di rinuncia ai diritti alla Corona Britannica. Sarebbe assurdo pensare che oggi Juan Carlos I di Spagna avanzasse pretese sul trono di Elisabetta II, giudicando l’atto sottoscritto dalla nonna come non previsto dall’ordinamento spagnolo. Circa la seconda questione un parallelo storico ci viene in soccorso. Se Carlo III di Borbone, nuovo Re di Spagna avesse voluto rispettar

e fino in fondo il criterio della primogenitura farnesiana, disgiungendo la carica di Capo della Real Casa dalla titolarità del Gran Magistero del SMOC di San Giorgio, avrebbe trasmesso quest’ultima al suo secondo figlio maschio, Carlo Antonio, Principe delle Asturie ed erede al trono di Spagna (cui poi ascese come Carlo IV). Invece, Carlo III, lungimirante, onesto e coerente Sovrano fino all’ultimo, sancita la separazione del ramo cadetto Napoletano da quello Spagnolo attribuì al suo terzo figlio Ferdinando il trono di Napoli nella minore età già dal 1759 (sotto la tutela del consiglio di Reggenza) e, nel 1770, raggiunta la maggiore età trasmise a Ferdinando IV (e non al primogenito farnesiano Carlo), il Gran Magistero del SMOC di San Giorgio. Quanto approvato da Alfonso di Borbone Conte di Caserta circa l’Atto di Cannes si configurera conforme alle norme del Regno delle Due Sicilie e di Casa Borbone, e ha anche un illustre e similare precedente da cui prendere spunto. Tutti i cultori onesti di Storia Patria Napoletana dovrebbero tenerne debitamente conto.

 

ANDREA CASIERE

ROBERTO DELLA ROCCA

Fonte: Istituto di ricerca storica delle Due Sicilie

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