Villella torna a casa

Lunedì 12 Marzo 2012 11:49 Mariagiovanna Ferrante
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Non vi è alcun motivo per cui il cranio di Villella debba rimanere esposto come esempio di una categoria umana bollata come criminale per natura in base a una teoria errata". Di conseguenza “l'ateneo torinese deve restituire il cranio per la sepoltura, anche al comune di residenza in vita, in mancanza di eredi che abbiano formulato espressa richiesta” recita la sentenza del giudice Gustavo Danise, del tribunale calabrese di Lamezia Terme, che ha stabilito come il museo universitario di antropologia criminale «Cesare Lombroso», situato a Torino, dovrà consegnare uno dei teschi esposti nelle sue sale al comune di Motta Santa Lucia (Catanzaro) e pagarne le spese di tumulazione. E' la prima battaglia vinta dal Comitato No Lombroso, l'eterogeneo gruppo di esperti di vari settori che eccepiscono l'umanità, la storicità e l'utilità di una macabra esposizione di crani a scopo neanche troppo didattico.

 

 

L'università di Torino farà ricorso contro la sentenza, oppugnando giustificazioni ed inerpretazioni legislative già considerate non valide dalla corte di Lamezia Terme. Ma attendiamo il giudizio definitivo per conoscere la destinazione di Villella e dei suoi compagni.

Il Museo di Criminologia intitolato a Cesare Lombroso e situato in un'ala dell'Università di Torino limitrofa al museo di anatomia ed a quello della frutta, grazie al contributo di cospicui fondi pubblici per le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia espone in teche dell'epoca (senza spesa per il riallestimento) la collezione di crani del ricercatore e docente universitario Cesare, al secolo l'ebreo veneto Ezechiele Lombroso.

Senza discriminazioni per gli ebrei, né per i veneti, Lombroso fu, in sequenza, direttore di un ospedale di matti, medico legale al seguito dell'esercito sabaudo impegnato nella repressione del brigantaggio in Calabria e per meriti professionali nominato dai Savoia docente di criminologia all'Università di Torino.

Il percorso di studi e ricerche inizia a Pavia, dove il Lombroso esercitava il ruolo di direttore dei matti e, da buon necrofilo, si appassionava dei resti dei matti padani su cui ha riscontrato evidenti segni di “cretinismo”, inteso come malattia di deficienza mentale causata dalla scarsità di nutrienti immessi nell'organismo e dalla bassa presenza di varianti nella parca alimentazione degli abitanti del nord Italia (allevati a riso, polenta e malaria).

Dopo la vacanza i Calabria, Ezechiele cambia passione e prende a studiare i crani dei meridionali falcidiati dalle truppe neo-unitarie con l'accusa di essere briganti o manutengoli: tutt'altra roba, con i lineamenti marcati e ben sagomati, e quella fossetta occipitale che illumina la mente. È il segno del destino. Il segno dell'innata predisposizione al crimine. Anche se il criminale in questione è un ladro di galline, arrestato per aver dato fuoco ad un fienile per distogliere l'attenzione nella fuga. È scontroso e riservato e neanche troppo furbo per essere un vero delinquente. Ma dal crtino padano al criminale terrone il salto di qualità è evidente e la carriera del Lombroso prende il volo, tra riconoscimento universitari, stuoli di seguaci in tutta la penisola e recriminazioni d'oltralpe.

Le teorie lombrosiane hanno ispirato l'eugenetica nazista e la selezione della razza ariana. Per cui alla “collezione” lombrosiana di crani e resti di varia umanità fu imposta la chiusura immediatamente dopo la fine del secondo conflitto mondiale.

Ironia della sorte, i finanziamenti per i 150 anni dell'unità nazionale, che hanno trovato il loro fulcro proprio a Torino, hanno lautamente finanziato e riautorizzato l'esposizione dei 630 crani di uomini e donne di varia provenienza, esposti in bacheche ottocentesche ed alternati a coltelli e pugnali, abiti, manufatti, accessori di tortura, calchi di cera dei volti dei defunti e la riproduzione dello studio lombrosiano. Direttore Silvano Montaldo, docente di Storia del Risorgimento dell'Università di Torino. Direttore scientifico Giacomo Giacobini, ordinario di Anatomia alla Facoltà di Medicina.

Chi è entrato in quel museo ne viene fuori un po' stordito, magari anche un po' inorridito dal macabro e neanche gratuito (il biglietto costa 3 euro) spettacolo dalla valenza neanche scientifica, visto che le teorie lombrosiane sono state confutate da oltre un secolo.

Dopo il decesso Lombroso donò il suo corpo alla scienza, e quello stesso corpo accoglie i visitatori del museo degli orrori. Manca una didascalia ad indicare che, in base a quegli stessi studi criminologici, i resti del grande studioso hanno le caratteristiche somatiche sia del cretino padano che del brigante terrone.

Mariagiovanna Ferrante

Eos Mesimeras

Villella torna a casa
Ultimo aggiornamento Venerdì 30 Novembre 2012 17:50