Nacque a Palermo il 20 dicembre 1825, nell’antico quartiere militare di S. Giacomo dove era alloggiata la sua famiglia, da Don Filippo all’epoca Primo Tenente del 2° Reggimento Granatieri della Guardia e da Donna Rosalia Restivo, appartenente ad altra famiglia d’ufficiali del Regno. Nel quartiere militare di S. Giacomo a Palermo vi è attualmente il Comando regionale dei Carabinieri ed è delimitato da Porta Nuova, Corso Vittorio Emanuele e il Palazzo Arcivescovile; al suo interno vi era la piccola chiesa di San Giacomo alla prima stazione dei militari, attualmente sconsacrata. In questa chiesa Benedetto fu battezzato, lo stesso giorno di nascita, dal cappellano militare Don Giuseppe Martorana ed oltre al nome Benedetto gli furono dati anche quelli di Luigi e Tommaso.
Il padre Don Filippo Pavone, nato a Gaeta il 5 ottobre 1787, da Don Benedetto e Donna Margherita Garofalo, quest'ultima era una famiglia nobiliare fedele alla dinastia borbonica, durante l’occupazione del Regno di Napoli da parte di Gioacchino Murat si era arruolato, il 19 novembre 1807 in Sicilia, nell’Esercito di Ferdinando IV di Borbone col privilegio di Volteggiatore di S.A.R.. Dopo il rientro dei Borbone al trono di Napoli Filippo Pavone venne scelto a far parte, dal 1° maggio 1819, della Compagnia delle Reali Guardie del Corpo, col privilegio di Guardia del corpo di 1ª classe di S.A.R., (in tutto il Regno vi erano soltanto 24 guardie del corpo di 1a classe scelte tra i Sottotenenti della Guardia appartenenti a famiglie nobiliari). Infine, il 1° Settembre 1834, Filippo fu promosso Capitano e destinato al 1° Battaglione Granatieri della Guardia.
All’epoca, una modalità di accesso alla carriera militare era costituita dall’arruolamento come soldato per poi progredire nei gradi di sottufficiale e ufficiale grazie ai requisiti di ceto e istruzione; Benedetto iniziò quindi la sua carriera militare come soldato volontario, il 14 agosto 1842, ed assegnato al 3° Battaglione Cacciatori della Guardia comandato dal Maggiore Francesco Finch.
Durante i moti del 1848 suo padre Filippo si distinse, prima a Palermo e poi a Napoli, nella difesa delle Istituzioni, meritando l’onorificenza di Cavaliere di Diritto del Reale Ordine Militare di San Giorgio della Riunione [vedi documento 1], ma morì il 4 settembre dello stesso anno a causa della malaria contratta durante la spedizione inviata nel Cilento per domare i sommovimenti locali. (Il Reale Ordine Militare di San Giorgio della Riunione era stato istituito da Ferdinando I di Borbone il 1° gennaio 1819 per celebrare la riunione dei due Regni di Napoli e di Sicilia in quello unico delle Due Sicilie; le relative onorificenze venivano conferite per premiare atti di valore nonché il merito civile o militare).
Il 28 agosto 1849 Benedetto fu promosso Alfiere (Aspirante Ufficiale) ed assegnato al 12° Reggimento di linea Messina dove il suo comandante, il Colonnello Giuseppe Testa, lo valutò positivamente dichiarando sul suo stato di servizio: “serve con molto zelo ed attaccamento, merita ascensi” (cioè merita avanzamenti di grado).
Il 4 febbraio 1850 Benedetto fu assegnato all’11° Battaglione Cacciatori, comandato dal Maggiore Gaetano Barbalonga, e promosso Secondo Tenente il 10 aprile 1853. (I Battaglioni Cacciatori del Regno delle Due Sicilie erano corpi scelti di fanteria leggera, assimilabili ai Bersaglieri piemontesi; sul finire del Regno furono strutturati su 8 compagnie ciascuna composta da 4 ufficiali e 160 militari di truppa).
Il 30 aprile 1853 Benedetto fu assegnato all’8° Battaglione Cacciatori, comandato dai Maggiori Francesco Cobianchi prima e Michele Sforza poi, presso il quale fu promosso Primo Tenente il 13 luglio 1859.(Quattro Compagnie dell’8° Battaglione, al comando del Maggiore Sforza, il 15 maggio 1860 fermarono i garibaldini a Calatafimi, ferendo Menotti Garibaldi e catturando la sua bandiera. Ma l’anziano Generale borbonico Francesco Landi, comandante delle truppe in Sicilia, per incapacità personale e perché travolto da oscuri accordi con la parte avversa, fece indietreggiare le truppe e dichiarò la resa trasformando la vittoria borbonica di Calatafimi in una sconfitta).
Il 10 ottobre 1859 Benedetto fu assegnato al 5° Battaglione Cacciatori, ed il 7 novembre 1859 al 14° Battaglione Cacciatori, di stanza a Napoli, al comando del Tenente Colonnello Raffaele Vecchione. (Il 18 agosto 1859 erano stati costituiti il 14° ed il 15° Battaglione Cacciatori ricorrendo ai migliori ufficiali dell’Esercito e presumibilmente l’assegnazione di Benedetto al 14° Battaglione Cacciatori, di stanza nella capitale, fu favorita dai legami familiari che stavano per essere concretizzati con la famiglia del colonnello Cafaro di Napoli).
Il 10 novembre 1859, nella chiesa dei SS. Pietro e Paolo di Messina, Benedetto sposò Francesca Caminiti, di Gaetano e Marianna Cafaro, il cui nonno materno era il Colonnello Domenico Cafaro, Cavaliere di Grazia del Reale Ordine Militare di S. Giorgio della Riunione e Comandante del forte Castellammare di Palermo, ritirandosi infine dal servizio il 15.9.1859.
Nel 1860 Garibaldi invase il Regno ma Benedetto Pavone rimase fedele all’etica militare e familiare e al seguito del 14° Battaglione seguì Francesco II di Borbone che a settembre decise di lasciare Napoli per organizzare la difesa sulla linea del Volturno. Il 7 settembre il nuovo ordinamento dell’Esercito vedeva il 14° Battaglione Cacciatori inquadrato nella 1a Divisione, comandata del Generale Brigadiere Filippo Colonna, 2a Brigata, comandata dall’ormai Generale Brigadiere Gaetano Barbalonga ed era accampato presso la scafa (ponte di barche) di Gradillo.
Con decreto del 10.9.1860 Francesco II concesse l’avanzamento nel grado a tutti i militari che, mostrando fedeltà alle Istituzioni e senso del dovere militare, l’avevano seguito sulla linea difensiva del Volturno, e Benedetto Pavone fu promosso Capitano partecipando quindi alla campagna militare d’autunno ed ai seguenti fatti d’arme.
Il giorno 14 settembre il 14° Battaglione ebbe il battesimo del fuoco respingendo un attacco della brigata garibaldina comandata da Winckler che tentava di superare il Volturno alla scafa di Gradillo; il 16 successivo, insieme a due compagnie del 6° Cacciatori, respinge un secondo tentativo nemico di oltrepassare il fiume. Il 19 settembre la brigata garibaldina comandata da Achille Sacchi compì una manovra diversiva per impadronirsi di Caiazzo, superare il Volturno alla scafa di Triflisco e porsi alle spalle dell’esercito borbonico; il 14° Battaglione Cacciatori subì l’attaccato al posto avanzato del bosco Reale e lo respinge; infine il 30 settembre respinge un ultimo tentativo garibaldino di superare il Volturno.
Il 1° ottobre, alla battaglia campale del Volturno , il 14° Battaglione Cacciatori era inquadrato nella 2ª Brigata Barbalonga della 1ª Divisione del Maresciallo di Campo Gaetano Afan de Rivera che fronteggiava i garibaldini dalla scafa di Triflisco a quella di Limatola; l’ordine per la Divisione è di attaccare i garibaldini in Santangelo (in Formis) ed occuparlo. La battaglia iniziò alle ore 5 del mattino ed alle ore 12 circa entrò in azione il 14° Cacciatori contro i reparti della 17ª Divisione garibaldina comandata da Giacomo Medici ed a seguito di un durissimo combattimento Santangelo fu occupato alle ore 16 circa. A fine giornata, però, la battaglia ebbe termine con le truppe borboniche che furono fatte ritirare sulle posizioni difensive iniziali. La battaglia fu talmente cruenta che si ebbero tra le forze contendenti almeno 812 morti, 2449 feriti e 2489 tra dispersi e prigionieri.
Intervenuto l’esercito sabaudo a sostituire i garibaldini, il 15 ottobre, il 14° Cacciatori e due compagnie del 6° Cacciatori uscirono dalla fortezza di Capua per saggiare le forze avversarie ed ingaggiarono il primo duro combattimento contro i piemontesi distruggendo varie opere di difesa avversarie lungo la strada che porta a Santangelo. Successivamente, costretto ad abbandonare la linea difensiva del Volturno, l’esercito borbonico ripiegò, continuando a combattere, sulla linea del Garigliano. Il 14° Cacciatori fu posto a rincalzo della difesa del ponte di Minturno dove il 29 ottobre concorse a respingere duramente il tentativo del generale piemontese Carlo Bracorens di Savoiroux di superare in quel punto il Garigliano.
Il 31 ottobre Francesco II, ritiratosi nella fortezza di Gaeta, conferì a tutti i militari partecipanti alla Campagna d’Autunno, quindi anche a Benedetto Pavone, un’apposita decorazione come “argomento di gloria a quelli che portano lo stesso vostro nome”.
Il 1° novembre, per il possibile accerchiamento da parte dell’esercito sabaudo, fu sgomberata la linea difensiva del Garigliano e gran parte dei corpi d’armata borbonici si posizionarono sull’istmo di Montesecco che collega Gaeta alla terra ferma. Il 14° Cacciatori, ormai dimezzatosi, presidiò il colle Lombone, un’importante posizione a difesa dell’istmo, ed il 12 novembre compì la sua ultima azione allorquando, al comando del Capitano Sinibaldo Orlando, ricevette da Francesco II l’ordine di riconquistare il colle che aveva per errore abbandonato e lo fece sloggiando a viva forza i soldati piemontesi che lo avevano occupato. E per il valore mostrato in tale azione Benedetto Pavone fu insignito, il 13 novembre, dell’onorificenza di Cavaliere di 2ª classe del Reale Ordine di Francesco I . (Quest’Ordine era stato istituito da Francesco I di Borbone il 28.9.1829 per premiare il merito civile e, nell’ultimo decennio del Regno, anche il merito militare).
L’8 gennaio 1861 nacque a Napoli il primogenito di Benedetto Pavone, Filippo, mentre volgevano ormai al termine la resistenza delle ultime roccaforti borboniche di Gaeta (capitolata il 13 febbraio 1861), Messina (capitolata il 12 marzo) e Civitella del Tronto (capitolata il 17 marzo 1861). All’atto dell’unificazione nazionale Benedetto aveva due sorelle e tre fratelli; di questi ultimi Michelangelo era Funzionario al Ministero della Guerra a Napoli (dopo l’unificazione nazionale sarebbe stato dirigente allo stesso Ministero a Roma), Carlo era Sottufficiale nel 1° Granatieri della Guardia, di Antonio non si hanno notizie.
Costituitosi l’Esercito nazionale, Benedetto Pavone fu immesso il 17 novembre 1861 nell’Esercito Nazionale col grado di Capitano effettivo nel 38° Reggimento Fanteria. Negli anni successivi ebbe vari comandi, prima nello Stato Maggiore della Divisione Militare di Messina poi a seguito del 3° Reggimento Fanteria ed ancora dopo nello Stato Maggiore delle Piazze, sino al collocamento a riposo per domanda decorrente dal 1° novembre 1871.
Ritiratosi a vita privata, il 1° luglio 1872 fu destinato alla Milizia Mobile ed infine promosso Maggiore nella Riserva il 17 dicembre 1893.
Andato a vivere con la moglie Francesca in una sua proprietà di S. Teresa di Riva, in provincia di Messina, insieme alla famiglia di Giuseppe, l’ottavo dei suoi dieci figli, morì l’11 agosto 1907. Francesca lo seguì il 23 giugno 1912 e le loro spoglie, assieme a quelle di altri familiari, sono conservate nella tomba di famiglia del cimitero di S. Teresa di Riva.
Dei suoi sei figli rimasti in vita, Filippo si impiegò al Genio Civile, Giuseppe fu commerciante in essenze mentre Gaetano, Ernesto, Cesare ed Emanuele si impiegarono nella Amministrazione ferroviaria.
Il suo attuale diretto discendente maschio, l’ingegner Giuseppe Pavone (nato a Napoli il 3.11.1949 e residente a Roma) è Dirigente ed autore di testi storici, Cavaliere al Merito della Repubblica; il 25 settembre 1998 è stato insignito, dall’Infante di Spagna Carlo di Borbone, dell’onorificenza nobiliare di Cavaliere Jure Sanguinis del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio ] che si considera il più antico Ordine cavalleresco, risalente all’imperatore Costantino, e pervenuto nel 1727 alla famiglia Borbone, si distingue nei rami di Borbone-Parma, Borbone-Napoli e Borbone-Spagna.
Fonte: Comitato Storico Siciliano