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Auletta, dopo 153 anni il ricordo della strage

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AULETTA (SA) - Il 30 luglio 2014, a 153 anni di distanza dai fatti storici che andiamo a raccontare, un folto gruppo di appassionati e patrioti delle Due Sicilie ha voluto ricordare le vittime dell’eccidio di Auletta. Organizzata dall’associazione Unione Due Sicilie e dal suo responsabile, il dottore Carmine Di Somma, una bella visita guidata al centro storico del paese, oggi in provincia di Salerno, dove ancora sono visibili alcuni edifici del periodo della strage durante la quale, come si vede dalle immagini, si è reso omaggio alla lapide che gli amici dell’associazione Terra Nostra, col suo presidente Antonio Gagliardi, hanno affisso in paese, nei pressi della chiesa madre, per ricordare l’episodio della strage. Presente anche una delegazione del nostri istituto il cui Presidente,Giovanni Salemi, ha avuto l’onore di collocare la corona di fiori per omaggiare i caduti.

Tra lo sventolio delle bianche bandiere del Regno e le note dell’inno del Paisiello, si è continuato il giro nel paese seguito, nel pomeriggio, da una visita ad una delle bellezze poco conosciute del nostro Sud, le grotte di Pertosa che hanno fatto rimanere a bocca aperta i visitatori.

I FATTI DI AULETTA

Il 28 luglio 1861 fece il suo ingresso nel piccolo comune di Auletta, nel Principato Citra, un cospicuo gruppo di miliziani borbonici che si stavano raggruppando, assieme ad altre formazioni in arrivo dal resto della Provincia, nel bosco Lontrano. La zona si prestava alle scorribande anti piemontesi soprattutto a causa delle numerose grotte naturali che vi si trovano e che avrebbero costituito, in quegli anni di guerra e resistenza all’occupante, un rifugio alle intemperie e ai nemici.

Profittando della vicinanza, le truppe bianco gigliate decisero di recarsi ad Auletta, dove la popolazione, rimasta notoriamente accanto al Re in esilio, li accolse con benevolenza mentre i pochi liberali si diedero alla fuga verso le vicine Pertosa e Caggiano dove allertarono le autorità chiedendo l’intervento dell’esercito piemontese. Come sempre, quando le forze della legittimità prendevano possesso di un centro abitato, si verificarono le consuete immagini da cambio di regime.

I simulacri ritraenti Vittorio Emanuele II e Garibaldi furono distrutti, lo scudo sabaudo sparì dai pennoni per fare posto allo stemma dei Borbone e delle Due Sicilie mentre i sacerdoti celebravano un Te Deum in onore di Francesco II, Maria Sofia e Pio IX in un tripudio di campane fatte suonare appositamente ad oltranza per richiamare quanti più cittadini e contadini all’evento. Tutto avvenne con rapidità. Centinaia di persone si schierarono sotto il simbolo della legittimità perduta e si diedero da fare con tenacia per respingere le prime decine di guardie nazionali e Carabinieri che erano arrivati dalla vicina Pertosa, dove erano acquartierati.

Non fu un lavoro difficile data la disparità numerica ma i fatti di Auletta fecero molto clamore e vennero registrati come uno smacco, gravissimo, per gli occupanti piemontesi. Tanto grave che i vertici del VI Gran Comando Militare di Napoli decisero di intervenire con la solita durezza mirante non tanto ad identificare ed eliminare i guerriglieri, quanto piuttosto a punire la popolazione civile che, accogliendo i “briganti”, avevano dimostrato al mondo, per l’ennesima volta, l’inconsistenza dell’idea unitaria.

Per questo compito, accanto agli onnipresenti bersaglieri, i comandanti militari piemontesi decisero di schierare dei veri e propri specialisti in massacro: la Legione Ungherese. Inquadrati come legione ausiliaria alle forze regolari sabaude, i 1400 uomini al comando del Colonnello Mogyorody (reduci dalle campagne garibaldine e dalla battaglia del Volturno) sarebbero diventati tristemente noti per il ruolo da protagonisti in alcuni degli episodi più crudeli e sanguinosi della guerra civile post unitaria coma ad Auletta, Montefalcione e in decine di altri comuni della Terra di Lavoro e del Principato.

Bersaglieri e legionari ungheresi, ben armati e preparati, investirono il paese di sorpresa, la mattina del 30 luglio, e, dopo aver messo in fuga i miliziani borbonici, cominciarono a saccheggiare e devastare il paese accanendosi sulla popolazione uccidendo decine di persone compreso il parroco del paese Giuseppe Pucciarelli. Alle 45 vittime accertate si sommano le violenze e le percosse, anche se gli storici dell’epoca parlarono di più di 150 vittime cifra non del tutto esagerata se si tiene conto che furono più di 200 i cittadini di Auletta messi in manette e condotti al carcere di Salerno con l’accusa di cospirazione e rivolta.


Roberto della Rocca

Fonte: Istituto di Ricerca Storica delle Due Sicilie

Auletta, dopo 153 anni il ricordo della strage
Ultimo aggiornamento Giovedì 18 Settembre 2014 14:48  

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