Quando ero piccolo, rimanevo sempre affascinato dai cunti che gli anziani del paese facevano a noi giovani.
A volte erano storie di caccia, altre disavventure, ma tutte avevano come tema 'a Muntagna, nome con cui l'Etna viene chiamata dagli abitanti dei paesi posti sulle sue pendici.
Tra tutte queste storie ve ne era una in particolare che mi affascinava e che richiedeva sempre una buona dose di pazienza da parte del narratore per la mia insistenza a chiedere le repliche dinnazi ai miei amici, affinchè si ricredessero.
- Il nonno del nonno del nonno di mio nonno che a sua volta raccontava a mio padre che poi raccontò a me - inziava la storia - che un giorno lui ed altri paesani, acchianaru 'a Muntagna per andare a cacciare. A quel tempo - soggiunse - non esistevano strade, ed allora capitava che si rimaneva fuori per più giorni. Dovendosi passare la notte ci fu uno che suggerì di accamparsi sul letto di un torrente asciutto, ma altri proposero di serenare ai bordi e così fecero. L'indomani trovarono l'alveo del torrente completamente bagnato: era stata l'Etna che aveva eruttato acqua! -
Come per tutti i racconti a cui si prestava ascolto, a quell'età non si dubitava mai sulla veridicità, anzi si approfittava di quelli inediti per avere la soddisfazione di essere i primi a raccontarli agli amici.
Capitò che in età più adulta, tornati i ricordi di quelle storie, volli verificare se effettivamente l'Etna avesse davvero mai eruttato acqua. A dire la verità più andavo avanti nelle ricerche è più mi convincevo che la storia era stata inventata di sana pianta e che quella volta Giovanni si era preso gioco di noi.D'altronde come poteva un vulcano eruttare l'acqua?
Un giorno mentre sfogliavo vecchie carte, mi capitò tra le mani una delle tante guide turistiche della Sicilia del sette-ottocento borbonico, già a quel tempo esistenti e pure compilate dettagliatamente da viaggiatori e scienziati regnicoli o forestieri; questi ultimi poi consideravano la visita del Regno delle Due Sicilie e della Sicilia in particolare, un viaggio fondamentale per i loro studi: dalla lettura di diverse guide straniere mi sono fatto la personalissima opinione che la Sicilia fosse molto più ricercata allora.
Dalle mie parti ad esempio, rappresentava un'escursione irrinunciabile la visita al Castagno dei Cento Cavalli, un fagacee millenario che verdeggia ancora oggi nel territorio di S. Alfio e che secondo la leggenda protesse sotto il suo grosso fusto e le alte fronde 100 cavalieri con Regina di Sicilia al seguito, dalla furia di un temporale.
"Per 8 tarì a cavallo o mulo, Mastro Giuseppe di Giarre si offriva di accompagnare i viandanti "(1) si leggeva in una guida del 1864.
Proprio su questo documento trovai un indizio che poteva essere utile alla mia ricerca:
"It [il percorso per il Castagno] also crosses a wide dry bed, said to have been formed by a torrent of hot water, which in the eruption of 1755 was caused by the sudden melting of the snow in the upper regions of the mountain, and which rushed down to the sea with irresistible violence, bearing away houses, trees, and other obstacles in its furious career "(2).
Il percorso attraversava anche un largo ed arido letto [di torrente], di cui si dice essere stato formato da un torrente di acqua calda, durante l'eruzione del 1755, causato da un repentino scioglimento della neve, nelle zone alte della montagna, che si precipitò in mare con violenza inarrestabile, travolgendo case, alberi e tutti gli ostacoli lungo la sua furiosa discesa"
La storia di Giovanni aveva dunque dei fondamenti di verità e quella scoperta mi aveva soddisfatto parecchio e fornito lo stimolo per continuare le ricerche e così feci.
Davide Cristaldi
Fonte: Comitato Storico Siciliano
(1) "A handbook for travellers in Sicily: including Palermo, Messina, Catania - George Dennis, John Murray"
(2) Ivi, pag.453